Che tipo di formazione hai?

Ho studiato Software Engineering e per due anni anche Matematica ma purtroppo non ho potuto finire l’università. Giunto in Italia, quando mi trovavo al centro di accoglienza del Gruppo Volontarius, l’operatore Carlo Costa mi ha dato un portatile usato perché ha capito che l’informatica era la mia passione e voleva darmi uno strumento per potermi permettere di riprendere con i miei studi. In quel periodo mi recavo spesso con il mio laptop presso l’Università di Bolzano per studiare grazie alla rete Wi-Fi offerta. Sono appassionato di 3D modeling, ho anche una tavoletta grafica che però è da tanto che non uso. Un po’ mi manca e mi piacerebbe riprendere. Artisticamente non ho fatto molto, non ho avuto tempo. Ho dovuto imparare qualcosa che mi permettesse di trovare un lavoro e qui c’è molta possibilità per gli ingegneri informatici quindi ho imparato da autodidatta programmi di scripting come Python e Bash.

Ora di che cosa ti occupi?

Lavoro in un’azienda in Corso Italia e mi occupo di Linux System Engineering. Sostanzialmente ci occupiamo di gestire i sistemi informatici legati ai trasporti pubblici: stazioni, tabaccherie che vendono Südtirol Pass, bus, treni, pannelli informativi delle stazioni, macchine che vendono i biglietti. Praticamente si chiama trouble shooting.vedere la vita. Ora sono molto più realista. Comunque, se non fossi dovuto andare via dall’Iran, probabilmente sarei rimasto lì per stare con la mia famiglia e mia moglie. Ora però lei è qui con me, quindi non ci tornerei.

Oggetto significativo tratto dalla storia di Masoud Valizadeh

Venire qui ha cambiato il mio modo di vedere la vita.

Masoud Valizadeh

C’è una connessione tra i lavori che hai fatto?

I lavori che ho fatto non erano legati tra loro per niente. In Iran ho fatto vari lavori: in negozio, come assistente di ufficio in un’azienda di petrolio e poi per quasi un anno come game designer. Nonostante fosse una forte passione che non si è mai trasformata in un vero e proprio lavoro, realizzavo disegni digitali con software come ZBrush, Studio Max, Photoshop e studiavo da autodidatta per diventare 3D modeler. Tramite mio papà, ho anche trovato lavoro come maestro di Persiano in una scuola internazionale a Teheran. Ho insegnato per quasi tre anni, gli studenti di questa scuola erano figli di politici e diplomatici che non sapevano il persiano.

Cosa ti piace di più del tuo lavoro attuale?

La cosa che mi piace di più è analizzare nei dettagli come funzionano i sistemi digitali: a 15 anni mio padre mi ha regalato il mio primo computer. Da quel momento sono stato rapito dal mondo digitale. Ciò che preferisco del mio lavoro è risolvere i problemi in tutti i passaggi, trovare una soluzione funzionale e fare in modo che non si ripresentino più in futuro. Quello che mi piace tantissimo è l’automatizzazione: sviluppiamo uno script che automaticamente va a indagare tutti i problemi che una periferica può avere e riceviamo un report. Con un buono script, in trenta secondi risolviamo il problema, mentre se dovessimo controllare manualmente tutte le periferiche potremmo metterci ore.

È stato difficile integrarti?

Indubbiamente arrivare in un ambiente nuovo è sempre un po’ difficile, devi imparare come si vive, studiare per trovare lavoro, conoscere la cultura, integrarti nella società e trovare il tuo posto. Però non ho trovato difficoltà con le persone: mi sono sentito accolto. Penso che per ognuno sia diverso, ma sicuramente a me la cultura italiana è piaciuta sin da subito.

Cosa ti è piaciuto di più all’inizio?

Dal momento in cui sono uscito dalla stazione di Bolzano ho avuto una sensazione piacevole, naturale. Sono stato travolto dal profumo del caffè. In Austria per esempio ho percepito una freddezza che qui non ho mai avvertito. Avevo un po’ paura che a mia moglie non sarebbe piaciuto come a me, però per fortuna è andato tutto bene.

Masoud Valizadeh durante la chiacchierata con Valentina Gentili

La prima cosa che mi è piaciuta arrivando a Bolzano è stato il profumo del caffè.

Masoud Valizadeh

Dove si trova la tua famiglia?

A Bolzano vivo con mio figlio e mia moglie, con cui mi sono sposato in Iran. Quando sono venuto qui, dopo aver vissuto per qualche mese sulla strada, ho trovato accoglienza in una casa per migranti. Dopo circa un anno, quando mi sono trasferito in un’abitazione autonoma, mi ha raggiunto anche mia moglie. I miei genitori e i miei due fratelli invece sono ancora in Iran. Credo che venire in Italia mi abbia cambiato: quando ero in Iran ero molto patriottico e lottavo molto per i miei ideali. Da quando sono qui, ho capito che ci sono cose più grandi di me che, per quanto io possa lottare, so di non poter cambiare.

Un consiglio che daresti a te del passato?

Take it easy, tutto andrà bene. Quando ero in Iran ero molto nervoso e agitato, facevo fatica ad accettare il clima politico e culturale che c’era allora. Però adesso direi a me del passato “non ti preoccupare tutto si sistemerà”.

Come ti fa sentire pensare alla tua vita in Iran?

Adesso vedo Bolzano come casa mia, ormai la mia vita è qui, ho anche un figlio di tre anni e mezzo che si chiama Dario Dante, rielaborazione italiana del nome di un re persiano – Dariush. Quindi, avendo lui, non mi sento più molto legato all’Iran, anche se i miei genitori e i miei fratelli mi mancano. A gennaio ho fatto il giuramento e ho ricevuto la cittadinanza italiana, ora per loro è più facile venire qui a trovarmi. Se non avessi dovuto andarmene per necessità, probabilmente sarei rimasto in Iran ma, ora che sono qui, non tornerei indietro.

Quali speranze hai invece per il tuo futuro?

Non credo nella speranza, piuttosto credo nella strategia: il mio piano è iniziare un master in Data science all’Università di Bolzano e poi magari iscrivermi a un Phd in Computer science.

Masoud Valizadeh fotografato da Valentina Gentili

Risolvere i problemi in tutti i loro passaggi e trovare una soluzione funzionale per fare in modo che non si ripresentino più in futuro: è questo ciò che amo del mio lavoro.

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Valentina Gentili

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Biografia
Valentina Gentili è una fotografa e designer emergente. Diplomata in Grafica al Liceo Artistico Pascoli di Bolzano, oggi frequenta il corso di Design e Arti presso la Libera Università di Bolzano. Collabora con PianoB - Social Design e con il Gruppo Volontarius dove si occupa di fotografia in ambito sociale. Parallelamente lavora come barista. Valentina partecipa a questo progetto con la forte volontà di scoprire e raccontare nuove storie di vita. Questo progetto è per lei un’occasione per unire la sua passione per la fotografia con le capacità acquisite grazie al lavoro nei locali e nei pub.
Due chiacchiere al bar
Il progetto di Valentina si sviluppa partendo da due quesiti: “Come posso interagire con una persona che non conosco? Quale può essere un punto di incontro tra me e questa persona?” Negli ultimi anni Valentina ha sviluppato la passione per la fotografia a pari passo con il suo lavoro da barista. Questo progetto è stato per lei un’opportunità per riscoprire questo suo lavoro e valorizzarlo in chiave creativa. Quello della barista è un impiego che mette in costante contatto con la persona che sta dall’altra parte del bancone, e che dà l’occasione di scoprire e osservare le peculiarità che distinguono le persone. Questo mestiere le ha dato inoltre la possibilità di sviluppare le proprie capacità e competenze di dialogo ed interazione. Valentina ha scelto così di accogliere gli intervistati del progetto “Un’impronta del mondo in Alto Adige” offrendo loro un cocktail di sua invenzione. Ogni persona ha potuto scegliere uno specifico cocktail, il quale corrispondeva ad un “profilo caratteriale”. Da qui la possibilità di aprire un dialogo attraverso quella che può assomigliare ad una chiacchierata informale tra cliente e barista.
Dello stesso progetto, vedi anche: