Cosa ti ha fatto decidere di iniziare gli studi in ingegneria meccanica? 

Non ho scelto di studiare ingegneria, però in quel periodo in Albania vigeva ancora un regime comunista. Lo Stato decideva quante persone potevano accedere alle varie facoltà in base alla città di residenza. Mio padre mi disse di scegliere una facoltà con pochi iscritti per avere più possibilità di essere accettata. Le facoltà che nessuno considerava, vista la difficoltà, erano: ingegneria meccanica, ingegneria petrolifera e ingegneria mineraria. Gli anni di università sono stati bellissimi. Avevo una classe e degli amici straordinari, abbiamo fatto diverse cose, tra le quali partecipare ad alcune proteste che fecero cadere il regime.

Da donna, come ti rapporti con questo mestiere?

Con gli anni il mestiere mi è risultato sempre più interessante e variegato. Le donne non devono vedere questo mestiere come qualcosa di strano, apre tante possibilità. Nonostante possa sembrare tanto complessa, nell’ambito dell’ingegneria meccanica ogni persona può trovarsi a proprio agio. Quando ho studiato in Albania, in facoltà eravamo metà uomini e metà donne, non c’era distinzione. Invece, quando sono arrivata in Italia ho visto che le donne nella mia stessa facoltà erano pochissime.

Oggetti significativi per la storia di Brunilda Hysaj

Le donne non devono vedere questo mestiere come qualcosa di strano: apre tante possibilità.

Brunilda Hysaj

Ci parli della tua carriera professionale? 

Ho lavorato a fondo sul mio obiettivo: diventare libera professionista. Questo mi ha dato molta energia per dimettermi dall’azienda Iveco Defence Vehicles presso la quale ho lavorato per dodici anni. Ho così iniziato un altro capitolo della mia vita lavorativa. Non è così facile essere libera professionista, però è molto stimolante perché quasi tutto dipende da me: le responsabilità delle mie scelte ricadono solo su di me, quindi è una sfida quotidiana. Sono io al centro di questo cammino e sono molto contenta di aver fatto questo passo. 

Com’è cambiato il modo in cui lavori da quando sei diventata libera professionista?

Ho iniziato da poco, quindi la clientela è ridotta e ancora non posso farmi un’idea reale a questo proposito. Lavorare da libera professionista è totalmente diverso rispetto al lavoro aziendale in cui dovevo rispondere alle richieste dei miei responsabili.

Dal 2006 vivi in alto Adige: come ti trovi qui? 

Prima della nascita di mio figlio pensavo di cambiare città; adesso sono più stabile e penso di essere nel posto migliore per crescere la mia famiglia. Imparare il tedesco è un obiettivo che non ho ancora raggiunto. Ho cercato di impararlo tramite dei corsi, ma al lavoro ero sempre in contatto con clienti italiani e ho messo da parte la lingua tedesca. Vorrei che mio figlio arricchisse le sue conoscenze frequentando una scuola di madrelingua tedesca, per lui potrebbe essere più semplice e sarebbe una migliore forma di integrazione con le persone della città.

Cosa ti viene in mente pensando alla tua città natale?

Sono nata vicino al mare e mi rimane nel cuore. In Albania ci sono i miei genitori e mia sorella. Ci vado ogni anno, in base alla possibilità. La mia intenzione era aprire una parte del mio studio nel mio paese, assumendo qualche studente come apprendista. 

Brunilda Hysaj mentre mostra uno dei due oggetti a Valentina Gentili

Le responsabilità delle mie scelte ricadono solo su di me: è una sfida quotidiana.

Brunilda Hysaj

Mantieni vivo il contatto con la tua provenienza? 

Chiunque decida di trasferirsi in un paese diverso da quello di nascita prova un legame speciale con la terra di origine. Ho come la sensazione che tra me e l’Albania si sia creata una forza soprannaturale che mi mantiene ancorata ai ricordi legati a quel posto. L’ho notato anche con mio figlio.   

Un consiglio alla te del passato e un augurio alla te del futuro?

Un consiglio alla versione più giovane di me sarebbe quello di non lasciare mai le cose a metà. Mi sono sempre pentita delle cose che ho lasciato a metà e che dopo non ho potuto riprendere. Invece, alla me del futuro vorrei dire di non fermarsi mai, di continuare ad avere buone idee e pensare in modo positivo.

Qual è la tua parola o frase preferita in italiano e in albanese?

Noi dei Balcani non riusciamo a concentrare tutto in una parola, dobbiamo sempre dire tante parole. Potrei dire: faleminderit, ovvero grazie, che in albanese ha un significato molto legato alle caratteristiche del nostro popolo. L’onore e il rispetto sono delle caratteristiche importanti del mio Paese e questa parola vuol dire “ti sono grato del rispetto che mi hai dato”. Invece in italiano mi piace la parola utile perché lo vedo come il fine ultimo del mandato di ogni persona: rendersi utili per gli altri.

Brunilda Hysaj fotografata da Valentina Gentili

Si è creata una forza soprannaturale tra me e l’Albania che mi mantiene ancorata ai ricordi legati a quel posto.

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Valentina Gentili

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Biografia
Valentina Gentili è una fotografa e designer emergente. Diplomata in Grafica al Liceo Artistico Pascoli di Bolzano, oggi frequenta il corso di Design e Arti presso la Libera Università di Bolzano. Collabora con PianoB - Social Design e con il Gruppo Volontarius dove si occupa di fotografia in ambito sociale. Parallelamente lavora come barista. Valentina partecipa a questo progetto con la forte volontà di scoprire e raccontare nuove storie di vita. Questo progetto è per lei un’occasione per unire la sua passione per la fotografia con le capacità acquisite grazie al lavoro nei locali e nei pub.
Due chiacchiere al bar
Il progetto di Valentina si sviluppa partendo da due quesiti: “Come posso interagire con una persona che non conosco? Quale può essere un punto di incontro tra me e questa persona?” Negli ultimi anni Valentina ha sviluppato la passione per la fotografia a pari passo con il suo lavoro da barista. Questo progetto è stato per lei un’opportunità per riscoprire questo suo lavoro e valorizzarlo in chiave creativa. Quello della barista è un impiego che mette in costante contatto con la persona che sta dall’altra parte del bancone, e che dà l’occasione di scoprire e osservare le peculiarità che distinguono le persone. Questo mestiere le ha dato inoltre la possibilità di sviluppare le proprie capacità e competenze di dialogo ed interazione. Valentina ha scelto così di accogliere gli intervistati del progetto “Un’impronta del mondo in Alto Adige” offrendo loro un cocktail di sua invenzione. Ogni persona ha potuto scegliere uno specifico cocktail, il quale corrispondeva ad un “profilo caratteriale”. Da qui la possibilità di aprire un dialogo attraverso quella che può assomigliare ad una chiacchierata informale tra cliente e barista.
Dello stesso progetto, vedi anche: