Sono arrivata per la prima volta a Bolzano nel 2006 però non sono stata stabilmente qui per tanti anni, ero un po’ itinerante ma dal 2015 mi sono fermata qui.

Sono dipendente all’archivio storico perché la storia è la mia più grande passione. Ho un master in storia del Messico del diciannovesimo secolo, e questo mi ha permesso di operare in passato come guida turistica nel mio paese. Oggi ho portato tanti oggetti che hanno una storia, raccontano della cultura messicana. Così ti posso raccontare la mia storia attraverso quella del mio paese.

Le donne scendono dalla montagna e vendono per strada queste bambole artigianali. Fanno tutto loro, tutto a mano: vestiti, decorazioni… è la cultura otomi-chichimeca. Vengono giù, le vendono posandole a terra, poi tornano sulla montagna, e ricominciano a produrne. Vivono con semplicità, non gli interessa altro.

Sono nata il 2 novembre, il giorno dei morti, ma questi teschi di zucchero, amaranto o cioccolato iniziano a comparire sulle bancarelle dei mercati già prima. A ciascuno va dato il nome di un morto, e poi lo si deve mettere sull’altare. La regola vuole che ogni altare abbia sempre i quattro elementi: la terra attraverso un fiore, l’acqua, il fuoco di una candela e il vento in una decorazione di carta che si muove. È un dono che si fa alle anime dei morti: si regala loro la luce, e il vento che le porta qui, dove possono mangiare. Questo è il ricordo della mia infanzia: due volte festa, quella di tutti e la mia, del mio compleanno, e i cimiteri, in quei giorni pieni di fiori, musica, mariachi, cibo, luci…

Chi, quando pensa al suo paese, non pensa al cibo? Questa che ho portato è la nostra cioccolata. In Messico prendono il cacao, lo fanno seccare e, dal momento che non c’erano le mucche e il latte, il cioccolato lo facevano come bevanda con il mais, acqua e zucchero. Con questo semplice panetto si può fare la cioccolata al peperoncino; è un piatto salato, diversamente da qui.

Viaggio e lavoro, nel mio caso, si sovrappongono. Sono arrivata in Italia grazie al mio desiderio di imparare la lingua e scoprirne la cultura, italiana e tirolese, nel rispetto della società che mi ha accolta. Per questo, tra le altre cose, ho fatto la guida turistica. Poi mia figlia è stata presa a scuola e siamo rimaste qui. Una scelta che ci ha cambiato la vita. Ma la storia non mi ha solo fatta spostare qua e là: è diventata il mio lavoro. Storia significa studiare, leggere, osservare. Tutto è storia: l’architettura, le montagne… E così, sono qui grazie a un lavoro che amo.

Un seme che, lavorato, diventa una ciotola. Da qui noi beviamo la Tequila, il Mezcal o il Pulque, ancora più antico.

La storia per me non è solo il passato ma anche il presente. Se penso al futuro, penso a mia figlia. È nata in Messico e vorrei tornare lì, al mare, a quel tipo di vita, libero. Certo amo anche queste montagne. Insomma, non so cosa farò. Un po’ qui e un po’ lì non mi dispiacerebbe. L’unica certezza che ho è che, dovunque sarò, racconterò la storia, la cultura, la bellezza.

L’immagine rappresentata su questa tazzina sarebbe una pignatta. È stata portata dagli spagnoli, come strumento di evangelizzazione. Ma ciò non toglie che noi, da piccoli, aspettavamo dicembre e il mese della pignatta. L’usanza era questa: nei nove giorni prima del 24 dicembre, quando Maria vaga con Giuseppe per trovare un posto dove partorire, si faceva un pellegrinaggio e si finiva spaccando la pignatta, che ha forma di stella perché deve contenere sette punte, una per ciascun peccato capitale.

Ho sempre, sempre, sempre addosso questi anelli. Uno con dei simboli legati agli elementi e uno con un’opale, una pietra preziosa che viene dalla zona centrale del Messico. La spirale è movimento, il serpente del cambiamento. Le pietre mi legano alla terra, le apparteniamo in quanto animali. Le pietre raccontano la storia della terra, contengono la storia del mondo. Una pietra al dito è come avere nella mano la storia di tutto. Lo confesso, ogni tanto anche in borsa tengo un sacchettino con delle piccole pietre.

Il colibrì e la farfalla monarca sono molto importanti in Messico. La farfalla viene dal Canada, arriva in Messico dopo un lungo viaggio. Proprio vicino a dove vivevamo noi negli ultimi anni. Questo insetto lega i morti e i vivi. Più a sud, invece, il colibrì ti avvisa se i tuoi morti stanno bene. Se lo vedi, saluta i morti; loro ricambieranno il tuo saluto. Hai mai fatto caso ai dipinti di Frida Kahlo? Ci sono spesso la farfalla o il colibrì.

Samira Mosca

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Bio
Samira Mosca, born in Bolzano in 1995, works in the field of visual communication with photography, video and graphic design. In 2017, she graduated with a bachelor's degree in Photography from the LABA Free Academy of Fine Arts in Brescia. During her Erasmus exchange semester in Lithuania, she developed a particular interest in contemporary multimedia art -- a topic that she is currently pursuing with her studies in the field of curatorship. For Samira, photography and art are a means of speaking without words, of exploring and delving into new worlds, the very thing she thrives on and that in her opinion deserves our attention. Art is a sign of our identity, our experiences and our surroundings; it is precisely for this reason that Samira is taking part in the project 'An imprint of the world in South Tyrol', a project that has allowed her to come into contact and deepen her knowledge with, also in emotional ways, people who we often only perceive as distant statistics. Samira believes that the richness of this project is precisely that of entering into the lives of people with a migratory background, and thus getting to know them better not only in their working lives but also in their daily and personal spheres.
Lives between your hands
Samira Mosca's photographic project aims to dive into different realities of success and integration through a personal approach of interaction and understanding of each individual and his or her background. As the bearer of a great wealth of experience that shapes and determines their actions, each of the interviewees was asked a series of questions to which they responded by choosing an object. Each object is linked to a memory, a thought, a story; a photograph was taken of each object to form a mosaic, an emotional compendium that describes the person's past, present and future. A spontaneous and, it could be said, a sensory narration that attempts to capture fragments of a complex human being, reaching beyond achievements or appearances. The project thus becomes a narration of a group of individuals that the reader can get to know not so much through facts, results and hard numbers, but rather through a resurfacing of situations, feelings and connection with the world and themselves.
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