Di origini sono russa, quando avevo 23 anni mi sono spostata in Finlandia prima per lavoro e poi per studio. La vita è piena di incontri inaspettati che ci portano spesso a cambiare la nostra traiettoria. Uno di questi incontri mi ha portato a Bolzano, mentre continuavo ancora il dottorato in Finlandia. A volte hai intenzione di restare solo per un po’, ma poi rimani molto più a lungo. Alla fine i motivi per partire o restare sono sempre quelli: lavoro, studio, amore. E a volte anche curiosità.

Questa me l’ha regalata un mio ex. In realtà, non me l’ha proprio regalata: era di suo nonno, che era appena morto, e pensava di buttarla. Così, gli ho detto che potevo tenerla io. Mi ha seguita in tutti i miei viaggi. Un po’ come quel gatto. Buffo, no? Una fotografia e una macchina fotografica. Perché mi piace quella analogica? Ha un fascino particolare. E poi mio padre era un criminologo, ha dovuto fare tante foto per lavoro, e ha portato questa cosa in famiglia. Mi ci sono abituata. Per me non è solo moda: è infanzia, famiglia.

La mia quotidianità è fatta di lavoro e tempo libero. E le cuffiette sono con me, in tasca o nelle orecchie, in entrambi questi momenti. Non sono in tasca, non sono addosso, non sono nella borsa e devo uscire di casa e mi chiedo: come faccio? È una cosa positiva, dipendere così tanto da un paio di cuffiette? Penso sia qualcosa che può distruggerci. Però è così, che ci posso fare.

L’artista che ha fatto questo oggetto è un’aborigena australiana. L’ho conosciuta durante un progetto di ricerca di pratiche artistiche e narrative. Decorazione realizzata con foglie di raffia. L’ha fatto e me lo ha regalato, ecco. Ne faceva in continuazione durante il corso. Viaggiare verso posti molto lontani mi manca, e così questo oggetto serve a ricordarmelo.

Documenti, documenti, documenti. Le persone come me non possono viaggiare ovunque. In Inghilterra per esempio. Ogni volta un visto, un permesso di soggiorno, qualche documento. E a ogni documento, timbro, firma, un po’ di ansia. Fare pagare rinnovare cercare. Dubitare, sempre: me lo daranno o no questo permesso? Viaggi di svago, per il dottorato in arte, per lavoro. E sempre documenti, fototessere, permessi.

Quando ho dovuto scegliere un oggetto per il futuro non sapevo cosa portare. Mi sono bloccata. Allora mi sono chiesta: cos’è che non vedo l’ora di fare? Ecco la risposta che mi sono data. Dopo un inizio d’autunno così impegnativo non vedo l’ora di poter ricominciare a leggere e sognare. Devi sempre tenerlo a mente, quando fai un lavoro come il mio: c’è sempre altro svago che può stimolarti, aprirti la mente, cambiarti la vita.

Un gatto. Normalissimo. Non un gatto famoso, e nemmeno un gatto mio. Solo un gatto. Ma è stata in ogni casa in cui ho vissuto. Se lo giri, c’è una scritta che dice che la foto è stata scattata due anni prima che nascessi. Chissà perché l’hanno comprato, non lo sa nessuno. Non è neanche bello. Ma quando mi trasferivo, lo portavo con me, senza pensarci. Abbiamo condiviso più di dieci case: Russia, Finlandia, e poi a Bolzano.

Sembra strano che lo scotch di carta sia un oggetto indispensabile per il lavoro di una manager culturale, ma è così. Serve per tutto: dall’appendere le locandine di eventi a legare insieme i manifesti per portarli a essere timbrati a tenere insieme i cavi durante un evento. È davvero versatile, guarda, ci infili la mano e puoi usarlo come braccialetto. Lo guardo e vedo le due facce del mio lavoro: quella immateriale, di organizzazione, e quella pratica, fatta di scotch.

Condividi

Samira Mosca

Approfondisci il profilo:
Intervista di
Samira Mosca
Fotografie di
Samira Mosca
Biografia
Samira Mosca, nasce a Bolzano nel 1995, lavora nel campo della comunicazione visiva con fotografia, video e grafica. Si laurea in fotografia nel 2017 alla LABA di Brescia e durante l’Erasmus in Lituania sviluppa un particolare interesse per l'arte contemporanea multimediale che porta avanti tuttora anche nel campo della curatela. Per Samira la fotografia e l'arte sono un modo di parlare senza parole, di esplorare e approfondire mondi nuovi, ciò che vive e che per lei merita attenzione. L’arte è un segno della nostra identità, delle nostre esperienze e di ciò che ci circonda. Proprio per questo motivo Samira partecipa a “Un’impronta del mondo in Alto Adige”, un progetto che le dà la possibilità di entrare in contatto e approfondire la conoscenza, anche a livello emotivo, con quelle persone che spesso vediamo solo all’interno di statistiche e distanti. Samira ritiene che la ricchezza di questo progetto sia proprio quella di entrare nella vita delle persone con background migratorio e così facendo conoscerle meglio nella loro dimensione lavorativa ma anche quotidiana e personale.
Vite tra le mani
Con le sue fotografie Samira Mosca vuole immergersi in diverse realtà di successo lavorativo ed integrazione tramite un approccio personale di scambio e conoscenza della persona e della sua storia. Come portatore di un grande bagaglio di esperienze che lo costituisce e ne determina l’agire, ad ognuno degli intervistati sono state poste una serie di domande alle quali hanno risposto scegliendo degli oggetti. Ad ogni oggetto è legato un ricordo, un pensiero, una storia e ad ogni oggetto è stata scattata una fotografia che va a costituire un mosaico, un corredo emozionale volto a descrivere la persona nel suo passato, presente e futuro. Una narrazione spontanea e si potrebbe dire sensoriale che tenta di cogliere frammenti di un essere umano complesso andando oltre i meri risultati o le apparenze. Il progetto diventa così una narrazione di un gruppo di individui che il lettore potrà conoscere non tanto tramite fatti, risultati e freddi numeri ma attraverso un riemergere di situazioni, sensazioni e contatto con il mondo e se stessi.
Dello stesso progetto, vedi anche: