Mi chiamo Birgitta Puustinen e vengo dalla Finlandia. Vivo a Bolzano dall’87…sono passati parecchi anni. Sono partita come una vagabonda e alla fine, viaggiando in Europa e non, sono capitata a Bolzano perché mi hanno invitato e qui mi sono fermata. Sono sposata, ho due figlie e attualmente gestisco una piccola enoteca in Piazza delle Erbe.

Perché Bolzano? Beh perché come ho detto sono stata invitata qui, mi è piaciuto il posto e mi è piaciuta chiaramente la persona che mi ha invitato… così… oggi siamo sposati, ci conosciamo dal’87 e stiamo ancora insieme.

Se dici viaggio io penso alla bicicletta. È stata il primo regalo di mio marito quando sono arrivata a Bolzano. Anche quello era l’inizio di un viaggio, e come tutti i viaggi migliori è iniziato su una bici. E poi fa bene a te e fa bene alla città. Ma non solo. Vale anche quel proverbio: hai voluto la bicicletta? Ora pedala. È la mia storia. Sono partita da sola, ho incontrato persone, ho riorganizzato la mia vita ovunque mi trovassi, finché è arrivato mio marito, che mi ha sempre sostenuta, e questo negozio. Tredici anni fa ho dato retta a lui, ho voluto la bicicletta, e sto ancora pedalando.

Ho un’enoteca, quindi il calice è il mio pane quotidiano. Ma non è che i calici vadano sempre bene: ce ne sono di diversi tipi per diverse occasioni. Devi imparare a conoscerli e a conoscere i vini.

E dopo aver scelto il calice per la quotidianità, non poteva che toccare a un oggetto semplice, che ci si può portare dietro, e che è sempre con me. Potrebbe anche essere il mio unico oggetto: vale per quotidianità, ricordo e lavoro.

Sono lumini tradizionali finlandesi, per i quali ho scelto tre colori in connessione con l’aria, l’acqua e la terra. Danno colore e calore, ti scaldano, che è quello che spero mi dia il futuro. E la luce è come un faro, ti dà una direzione, ti aiuta a vedere la strada. Viaggiando ho conosciuto tante culture e tradizioni diverse, e la sai una cosa? La luce è spesso presente come futuro.

Puoi avere un ricordo di qualcosa che non hai mai conosciuto? Mia madre è morta quando io avevo dieci giorni. Questo orsacchiotto è il ricordo che ho di lei. Tiene mio fratello e me in grembo, per sempre.

Mia nonna non si fermava mai. Questo pizzo l’ha fatto lei. Mia nonna la sera guardava la televisione e intanto, senza neanche guardare, lavorava a maglia o a uncinetto. Dal momento che mia madre non c’era sono rimasta con la nonna materna. Così, quando guardo questo centrino penso a lei, alla mia infanzia, al mio paese.

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Samira Mosca

À propos de l'artiste:
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Biographie
Samira Mosca est née à Bolzano en 1995, et travaille dans le domaine de la communication visuelle avec la photographie, les vidéos et le graphique. Elle obtient son diplôme en photographie en 2017, à la Libre Académie des Beaux-Arts à Brescia, et pendant son Erasmus en Lituanie elle développe un intérêt particulier pour l’art contemporain multimédia qu’elle poursuit encore dans le domaine de la curatelle. Selon Samira la photographie et l’art sont un moyen de parler sans mots, d’explorer et d’approfondir des nouveaux mondes, ce qui vit et qui mérite de l’attention. L’art est un signe de notre identité, de nos expériences et de ce qui nous entoure. C’est justement pour cette raison qu’elle participe à « Une empreinte du monde au Tyrol du Sud », un projet qui lui donne la possibilité d’entrer en contact et d’approfondir la connaissance, même au niveau émotif, avec ces personnes que l’on voit souvent comme distants et seulement au sein de statistiques. Samira pense que la richesse de ce projet est justement celle d’entrer dans la vie des personnes issues d’un contexte migratoire, et ce faisant de les connaître mieux dans leur dimension du travail mais aussi dans leur dimension quotidienne et personnelle.
Des vies entre les mains
Avec ses photographies, Samira Mosca veut s'immerger dans différentes réalités de réussite professionnelle et d'intégration, par une approche personnelle d'échange et de connaissance de la personne et de son histoire. En tant que porteur d’expériences, qui le constituent et en déterminent son action, à chaque interviewé ont été posées une série de questions auxquelles ils ont répondu en choisissant des objets. À chaque objet est lié un souvenir, une pensée, une histoire, et de chaque objet a été prise une photo qui va construire une mosaïque, un trousseau émotif qui vise à décrire la personne dans son passé, présent et futur. Une narration spontanée, que l’on pourrait définir comme sensorielle, qui essaie de saisir les fragments d’un être humain complexe en allant au-delà des simples résultats ou des apparences. Le projet devient ainsi une narration d’un groupe d’individus que le lecteur pourra connaitre non seulement à travers les faits, résultats et froids numéros, mais surtout à travers une réémergence de situations, sensations et contact avec le monde et soi-même.
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