Mi chiamo Alejandra, sono nata a Bogotá in Colombia, vivo in Italia da 21 anni, sono arrivata in un giorno freddissimo di dicembre del 1999, è stato un po’ scioccante. Ora sono una mamma, una designer di moda, sarta-modellista, docente di cucito e modellistica, una bolzanina con un sogno, quello di aprire una mia attività.

Può un oggetto trattenere in sé il dolore che è costato realizzarlo? Bloccarlo, e farlo diventare altro? Le mie compagne di ginnastica artistica avevano scaldamuscoli comprati già fatti. Solo a me li aveva fatti mia madre con le sue mani. Non poteva uscire di casa per lavorare, mio padre non glielo permetteva. E mi ha fatto questi scaldamuscoli. 

Come chiudere un mondo in una cornice

Il futuro è tutto in questo timbro, con il nome dell’università insieme al mio. È la traccia degli sforzi che ho fatto per studiare, per pagarmi la possibilità di studiare, per imparare lingue che non erano la mia, e per averlo fatto mentre diventavo una madre. Tutto in un semplice timbro che è come dicesse: ce l’hai fatta, puoi andare avanti, verso altri obiettivi.

Una breve preghiera che scivola dalle mani di mia nonna alle mie. Tantissima fede, tantissimi santini. Questa era mia nonna. Era mia nonna che si arrabbiava quando, la domenica, ci portava in chiesa e noi giocavamo. Per lei, i santini erano la fede. Io non ne ho così tanta. Per me, questo santino è il suo ricordo.

Il mio lavoro è nelle cose con cui disegno, nella macchina da cucire, nel computer. La prima volta che mio padre mi ha portata in un teatro ho capito che quello era il posto in cui volevo stare, ma non credevo fosse possibile. Poi è successo. Anni dopo, a Bolzano. Teatri e set cinematografici. E adesso? Chissà. Mi piacerebbe aprire una mia attività, avere qualcosa che sia solo mio. Una mamma con un suo progetto: è tutto quello che sono e tutto quello che ho fatto.

Samira Mosca

Über den Künstler:
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Samira Mosca
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Samira Mosca
Biographie
Samira Mosca, 1995 in Bozen geboren, arbeitet im Bereich der visuellen Kommunikation mit Fotografie, Video und Grafik. Sie schloss 2017 ihr Studium der Fotografie an der LABA in Brescia ab und entwickelte während ihres Erasmus-Aufenthaltes in Litauen ein besonderes Interesse an zeitgenössischer Multimedia-Kunst, das sie auch im Bereich des Kuratierens weiterverfolgt. Für Samira sind Fotografie und Kunst eine Möglichkeit, ohne Worte zu sprechen, neue Welten zu erkunden und in das einzutauchen, was sie erlebt und was Aufmerksamkeit verdient. Kunst ist ein Zeichen für unsere Identität, unsere Erfahrungen und unsere Umgebung. Genau aus diesem Grund nimmt Samira an „Ein Abdruck der Welt in Südtirol“ teil, einem Projekt, das ihr die Möglichkeit gibt, mit den Menschen, die wir oft nur in Statistiken und in der Ferne sehen, in Kontakt zu kommen und ihr Wissen zu vertiefen, auch auf emotionaler Ebene. Samira glaubt, dass der Reichtum dieses Projekts gerade darin besteht, in das Leben von Menschen mit Migrationshintergrund einzutreten und sie so in ihrer beruflichen, aber auch alltäglichen und persönlichen Dimension besser kennenzulernen.
Leben in den Händen
Mit ihren Fotografien möchte Samira Mosca in verschiedene Realitäten erfolgreicher Arbeit und Integration eintauchen. Und zwar durch ein persönliches Austauschkonzept sowie durch die Kenntnis der Person und ihrer Geschichte. Jeden der Befragten, als Träger eines großen Erfahrungsschatzes, der ihr Handeln ausmacht und bestimmt, wurden Fragen gestellt, auf die sie mit der Auswahl von Gegenständen antworteten. Jedes Objekt ist mit einer Erinnerung, einem Gedanken, einer Geschichte verbunden. Jedes Objekt wurde fotografiert, um ein Mosaik zu bilden, ein emotionales Kit, das die Person in ihrer Vergangenheit, Gegenwart und Zukunft beschreibt. Eine spontane, fast sinnliche Erzählung, die versucht, Fragmente eines komplexen menschlichen Wesens zu erfassen, indem sie über bloße Ergebnisse oder Erscheinungen hinausgeht. Das Projekt verwandelt sich in eine Erzählung über eine heterogene Gruppe, die der Leser nicht so sehr durch Fakten, Ergebnisse und kalte Zahlen kennenlernen kann, sondern durch ein Wiederauftauchen von Situationen, Gefühlen und durch den Kontakt mit der Welt und sich selbst.
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